
Parlando di migliori fotografi della storia non si può non nominare Luigi Ghirri.
Appassionato di fotografia e nato nel 1943, inizia a fotografare e a confrontarsi con i più grandi artisti già a ventisei anni.
Ghirri fu un pioniere della fotografia a colori, era un uomo di grande cultura, che divorava un libro dopo l’altro, amava la musica, il mondo e la vita.
Per lui infatti l’arte era tutto ciò che cattura l’attenzione, che colpisce e che in qualche modo rimane impresso nella mente.
L’arte era la realtà così come la vediamo, pura e semplice, caratterizzata da un minimalismo ricercato e da forme morbide, semplici e libere.
Secondo lui, i protagonisti delle fotografie dovevano essere i non luoghi, tutti quegli angoli che venivano dimenticati dalle persone, o non ritenuti all’altezza di uno scatto.
Lui preferiva fotografare una via trascurata piuttosto che un paesaggio fatiscente o una piazza piena di persone e addobbata per l’occasione.
Secondo lui erano proprio le banalità a meritare uno scatto, poiché erano queste che rappresentavano la realtà più di tutto.
Luigi Ghirri amava il paesaggio italiano, e attraverso la sua fotografia li rappresentava con bordi sfumati con soggetti lontani e in secondo piano.

Il fotografo Luigi Ghirri.
Biografia del fotografo Luigi Ghirri
Ghirri nasce nel 1943 a Scandiano e dopo aver trascorso l’infanzia tra le campagne dell’Emilia Romagna, si trasferisce a Reggio Emilia dove resterà per il resto della sua vita.
In questo ambiente, Ghirri ha occasione di confrontarsi con artisti di tutti i generi e di iniziare a fotografare tutto ciò che cattura la sua attenzione.
Le sue prime fotografie le realizza in un weekend estivo nel 1970.
In questa prima fase Ghirri coglie i gesti quotidiani, con protagonista un paesaggio italiano ricco di soggetti inanimati, spiati durante la loro quotidianità.
L’anno successivo conosce il fotografo Franco Vaccari, grazie al quale approfondisce il tema della fotografia nell’arte contemporanea, e nel 1972 presenta la sua prima mostra fotografica a Modena.
Nel 1973 comincia a lavorare ad un nuovo progetto: la serie Catalogo.
In questa serie compaiono principalmente muri, serrande, porte e finestre come protagonisti, oltre che superfici particolari.

Negli anni successivi entra in contatto con Massimo Mussini e Arturo Carlo Quintavalle, iniziando una collaborazione con lo CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione). Oggi il centro di ricerca conserva ancora un’ampia collezione dei suoi lavori.
Nel 1978 pubblica il suo primo libro “Kodachrome” con la casa editrice Punto e Virgola, per la realizzazione di questo libro utilizza i suoi primi lavori come archivio di immagini.
Attraverso questi scatti spiega come le immagini aiutino a pensare, e a stimolare la propria filosofia.
Infatti, accanto all’immagine di un giornale accartocciato, Ghirri invita a “Pensare per immagini”

Negli anni successivi comincia il progetto "Viaggio in Italia", ovvero un libro con relativa mostra, pensato per raccogliere e diffondere le immagini dei migliori artisti.
Luigi Ghirri tenne anche lezioni di fotografia, tra cui anche “storia della fotografia”.
Intorno al 1985 comincia ad interessarsi di architettura, e a fotografare edifici, piuttosto che paesaggi.
In questo periodo viene invitato dal Ministro della Cultura francese a fotografare i giardini della reggia di Versailles e approfondisce inoltre lo studio su luce e colore, trasformandoli in elementi essenziali per il suo lavoro.
Gli anni a seguire saranno quelli della consacrazione di questo grande fotografo amico di Franco Fontana, purtroppo però Luigi Ghirri muore improvvisamente a causa di un infarto, il 14 febbraio del 1992 all’età di quarantanove anni.
Luigi Ghirri e le lezioni di fotografia
Ghirri, oltre ad essere un fotografo che modificò la concezione della fotografia moderna, fu anche un bravissimo insegnate di quest’arte. Egli, infatti insegnò all’Università di Parma su richiesta di Arturo Carlo Quintavalle.
Qui vi rimase fino al 1989, quando poi fu chiamato all’Università del progetto di Reggio Emilia dell’amico Giulio Bizzarri.
Bizzarri lo valorizzò, registrando le sue lezioni, e dandogli sempre più prestigio all’interno dell’Università.
Da questa esperienza nacque il libro di Luigi Ghirri “Lezioni di fotografia”, che riportava tutte le trascrizioni delle sue lezioni, che lui amava definire “conversazioni”, con gruppi di studenti e appassionati.
In questo libro si trovano lezioni:
- Sulla storia della fotografia
- Sulle tecniche fotografiche
- E sulle sue riflessioni e gli studi sulla luce
Il libro è suddiviso per argomenti, che a loro volta sono organizzati in capitoli.
Tanto per citarne alcuni vi sono: “una visione un po’ dilettantesca”, “dimenticare se stessi”, “luce”, “inquadrature naturali”, “esposizione” e “trasparenza”.
All’interno del libro sono state usate le sue fotografie per dare un esempio relativo ad ogni argomento.
Si tratta quindi di un modo di tramandare la sua conoscenza personale, nonché la sua esperienza acquisita negli anni.
Il libro viene pubblicato postumo, nel 2010, grazie alle registrazioni dell’amico Bizzarri, e all’aiuto della Provincia di Reggio Emilia, che volevano rendere omaggio a questo autore così talentuoso, e rendere eterne le sue scoperte in campo fotografico.
I libri fotografici di Luigi Ghirri
- Editore: Quodlibet
- Autore: Luigi Ghirri , G. Bizzarri , P. Barbaro , G. Celati
- Collana: Compagnia Extra
- Formato: Libro in brossura
- Anno: 2009
- Luigi Ghirri (Autore)
Luigi Ghirri un fotografo concettuale
Luigi Ghirri e le sue opere appartengono all’arte concettuale, ovvero un’espressione artistica che ritiene i concetti più importanti del risultato estetico.
Ghirri è un fotografo quasi surrealista, che mirava a far riflettere il suo pubblico in modo filosofico, mostrando immagini pure caratterizzate da un senso di libertà.
Fu uno dei primi ad utilizzare le pellicole a colore, prediligendo per lo più tonalità pastello con sovrabbondanza dell’azzurrino tenue. Attraverso questo colore lui mostrava la sua sensibilità di fotografo, oltre che dare un aspetto più nebuloso alle sue opere.

Tra i suoi scatti si trovano per lo più fotografie da catalogo di luoghi sparsi in tutta Italia, oltre che angoli, vie e paesi trascurati e dimenticati. Ghirri preferiva fotografare personaggi minimali piuttosto che ritrarre folle di persone nelle piazze.
I soggetti umani erano per lo più disposti in secondo piano, oppure ripresi nei loro gesti quotidiani.
Secondo il fotografo, infatti, l’uomo era solo un mezzo per spiegare le proprie idee.
Le opere di Luigi Ghirri sono tantissime, più di millecinquecento scatti, anche se la maggior parte dei progetti sono rimasti incompleti. Ghirri era un fotografo volutamente incostante, che amava iniziare progetti fotografici per poi metterli da parte ed occuparsi di altro, per concedere al suo pubblico di terminare loro stessi i suoi progetti con l’immaginazione.
Le fotocamere utilizzate da Luigi Ghirri
Nel corso della sua breve carriera utilizza diversi strumenti.
Nei primi anni da fotografo, Luigi Ghirri utilizza una Voigtlander Bessamatic con ottica fissa e un obiettivo da 24x33 cm e telemetro.
Negli anni settanta utilizzò essenzialmente due strumenti: la sua prima fotocamera reflex, una Olympus per, e una Canon AE – 1.
Oltre a queste utilizzò anche moltissimi modelli di polaroid sul tramontare dei settanta.
Nel decennio successivo continua ad utilizzare le diverse Polaroid in suo possesso, oltre che una Pentax 45, e una Mamiya RB 67.
Le ottiche da lui utilizzate erano principalmente il grandangolo e il teleobiettivo.
Inoltre, utilizzava molto anche obiettivi dotati di focale intermedia.
Luigi Ghirri: opere
Il primo vero progetto a cui lavorò fu “Catalogo”. Dello stesso periodo sono i progetti Week End – Atlante, infinito e Paesaggi di Cartone.
Nel 1977, invece, cominciò a lavorare a Kodachrome, e poi a Diaframma 11.
Con quest’ultimo progetto cominciò a studiare la luce naturale e artificiale, e il loro impatto sui colori.
Nel 1979 lavorò a Geografia immaginaria e a Snapshot.
In quello stesso periodo riprese a fotografare la quotidianità, ritraendo fotografi intenti a scattare foto e soggetti impegnati nelle attività di tutti i giorni. Inserì queste fotografie nel progetto Still life.

Seguono poi numerosi altri lavori come: Polaroid, Tra tramonti e albe, Topografia Iconografia, Esplorazioni sulla via Emilia, Il lavoro degli artigiani, Versailles.
Quest’ultimo in particolare fu richiesto dal Ministero della Cultura francese, che gli chiese di ritrarre la reggia e i giardini della tenuta.
Nonostante cominci ad insegnare all’università, la sua produzione non si ferma, e comincia a lavorare a “Terme dell’Emilia Romagna” nel 1987.
Seguono poi “Il Palazzo dell’Arte” nel 1990, “Un piede nell’Eden”, “Le Case”, e il famoso progetto “Paesaggio Italiano” svolto per la rivista Lotus International.
Questo progetto viene reso pubblico con una mostra alla Triennale di Milano tra il 1983 e il 1992, e insieme agli scatti furono esposte anche le bozze, unitamente ai testi sul progetto prodotti dal fotografo.
Questa mostra fu riproposta nel 2012 sempre alla Triennale di Milano per rendere omaggio al fotografo.

I suoi ultimi progetti furono: “Il profilo delle nuvole”, “vedute di città”, “I luoghi teatrali”, e “Le architetture”.
Del progetto “Il profilo delle nuvole” furono fatte numerose mostre postume in tutto il mondo, tra cui una a Los Angeles nel 1997, e una a New York nel 1998 presso l’Istituto italiano di cultura.
L’ultima mostra in suo onore ha avuto luogo a Bologna nel 1919 nei sotterranei di palazzo Bentivoglio.
Il nome della mostra fu “Prospettive industriali”.
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